Le tradizioni

Ai tempi di Gesù prima di mangiare si eseguivano rituali che prevedevano, tra le altre cose, il lavaggio delle mani fino al gomito. Una buona abitudine nata soprattutto per motivi igienici.
Con il passare del tempo però era diventata “tradizione” da osservare scrupolosamente. Altrimenti si commetteva peccato.
Così, da norma per la sanità era divenuta norma per la sanità.

Nel Vangelo di questa domenica Gesù combatte l’ipocrisia di queste tradizioni umane che strada facendo perdono il motivo per cui sono nate e diventano una gabbia che imprigiona la vita delle persone e delle comunità.
Quando una consuetudine, anche se bella e buona, diventa tradizione bisogna stare attenti a mantenerne lo spirito e la finalità altrimenti perde il motivo di esistere.

Non ha senso rispettare esteriormente le norme del digiuno se poi non si digiuna dal peccato; non ha senso osservare rigidamente l’astinenza da cibi e bevande se non ci si astiene da parole e pensieri cattivi; non ha senso festeggiare la Madonna o i santi seguendo tutte le consuetudini se non si partecipa a Messa neanche il giorno della loro festa, e non ci si sforza di imitarli; non ha senso indossare un abito sacerdotale, religioso o confraternale se con esso non s’indossano le virtù e i valori che rappresenta; non ha senso occupare lo sgabello della presidenza se da esso non ci si abbassa per servire gli altri.

Che fare allora: eliminare le tradizioni? Assolutamente no.

Al contrario, occorre riportarle alla loro bontà e bellezza sorgiva.

D’altronde i peggiori nemici delle tradizioni sono proprio coloro che pretendono che siano rispettare senza le finalità per cui sono nate.

Don Michele Fontana

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